giovedì 4 giugno 2009

Verifica dell’anomalia - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 3146/2009

Il Consiglio di Stato si è recentemente pronunciato nel merito della verifica dell’anomalia dell’offerta, in riferimento ad una gara per l'affidamento di un appalto integrato di progettazione esecutiva e realizzazione.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - Roma, sez. III-ter, con sentenza 2 luglio 2008 n. 6353, aveva accolto il ricorso avanzato da una impresa, annullando il provvedimento di aggiudicazione ad altra impresa, nella considerazione che la Stazione appaltante avesse erroneamente consentito a quest’ultima di produrre una integrazione delle giustificazioni, che il bando prescriveva - a pena di esclusione - di presentare unitamente all’offerta.
Il Consiglio di Stato Sez. VI con sentenza n. 3146 del 21 maggio 2009 nel richiamare la pregressa giurisprudenza ha ribadito che … fermo restando il principio che l’offerta, una volta presentata, non è suscettibile di modificazione, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti, considerato che obiettivo della verifica di anomalia è quello di stabilire se l’offerta sia, nel suo complesso, e nel suo importo originario, affidabile o meno, il giudizio di anomalia deve essere complessivo e deve tenere conto di tutti gli elementi, sia quelli che militano a favore, sia quelli che militano contro l’attendibilità dell’offerta nel suo insieme…. e che …. risulta soddisfatto l'obiettivo dell'amministrazione, di aggiudicare l'appalto ad una offerta affidabile nel suo complesso, e non vi è violazione della par condicio perché l'offerta iniziale resta immutata, e ciò che cambia è il costo di singole voci, il che non incide sulla serietà dell'offerta, ma solo sulla gestione interna dell'impresa offerente (Cons. St., sez. VI, 19 maggio 2000 n. 2908) ed inoltre che … è erroneo il presupposto dell’assoluta rigidità ed immodificabilità, nel corso del subprocedimento di verifica dell’anomalia, oltre che dell’offerta nel suo complesso, anche della rappresentazione dei costi delle componenti della stessa. (Cons. St., sez. VI, 26 aprile 2005 n. 1889).
In riferimento, poi, al contestato esiguo margine dell’utile di impresa (2% circa del prezzo offerto), il Consiglio di Stato ha ribadito che:
- … la possibilità di ribassare la percentuale dell’utile è consentita pur escludendosi che un’impresa possa proporre un’offerta economica sguarnita da qualsiasi previsione di utile, né è possibile fissare una quota di utile rigida al di sotto della quale la proposta dell’appaltatore debba considerarsi per definizione incongrua (Cons. St., sez. V, 5 ottobre 2005 n. 5315; Cons. St., sez. VI, 8 marzo 2004 n. 1072; Cons. St., sez. IV, 14 febbraio 2002 n. 882)
- … assume invece rilievo la circostanza che l’offerta si appalesi seria, e cioè non animata dall’intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, (Cons. St. Sez. V, 20 febbraio 2009 n. 1018);
- … che solo un utile pari a zero è ingiustificabile (TAR Lazio– Roma, sez. III-ter, 21 febbraio 2007 n. 1527)
e pertanto ha ritenuto che si tratta di una percentuale ragionevole che non inficia l’affidabilità dell’offerta
Sulla base delle predette considerazioni, ed in accordo con l’articolo 88, comma 7 del Codice dei Contratti. (D.Lgs. n. 163/2006 e s.m.i.), il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dell’impresa originariamente aggiudicataria dell’appalto.

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